Da quando il Flaminio ha cessato di essere la casa del Rugby nazionale è iniziato il suo lento ed inesorabile declino. Abbiamo documentato con foto la situazione davvero vergognosa in cui versa il gioiellino progettato da Pier Luigi Nervi in occasione delle Olimpiadi del 60. E parlando di Olimpiadi non staremo qui a fare la manfrina dell'occasione di rinascita negata a questo come ad altri impianti cittadini. Abbiamo preso atto della situazione ma ora chiediamo soluzioni. L'aver detto NO alle Olimpiadi, per noi una bestemmia, è una libera scelta di un'amministrazione alla quale però andrebbe accompagnata una programmazione organica di ripristino delle strutture sportive esistenti. Cosa che ci pare evidente non si stia facendo. E cosi il glorioso Flaminio non si sa se faccia piu' schifo dentro con il suo ex manto erboso diventato un campo di patate, con i suoi sediolini divelti e con le sue recinzioni divorate dalla ruggine, o fuori dove sono parcheggiati camper ammaccati, attorniati di carrelli del supermercato colmi di indumenti e cianfrusaglie, segno di una massiccia presenza di cittadini di etnia rom che da migranti son diventati stanziali. Ma l'elenco degli impianti sportivi in situazioni penose è davvero lunghissimo: situazione ereditata dalla Giunta Raggi, lo specifichiamo per il Grillino Pasdaran che sta leggendo questo articolo.
Dal Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano, alla vela di Calatrava, da Campo Testaccio, il primo storico campo della Roma, che ormai sembra il risultato di un bombardamento, dall'abbattuto velodromo dell’Eur, incastro di amianto che l’ingegno romano ha trasformato nella solito monnezzaro a dimensione domestica. Tutta produzione di amministrazioni senza soldi e senza idee, ma ricchissime di interlocutori - Italia nostra, Lega ambiente, associazioni di cittadini - che in nome del bello e del meglio fanno valere la loro voce in capitolo, da cui non c’è scampo. E proprio scampo non c'è da queste Associazioni che sono, lo ribadiamo, un tumore per la città, a cui l'Amministrazione dà parecchio credito, in una commistione tra politica ed associazionismo difficile da comprendere che sfocia nell'innaturale sviluppo di una metropoli.
Ma il Capolavoro assoluto sono le Vele di Calatrava e la città dello sport, voluta in epoca Walter Veltroni, dal costo di sessanta milioni, doveva ospitare i mondiali di nuoto poi disputatisi altrove. Quello che ne resta è un inno allo spreco e ad una impostazione arraffazzonata e confusionaria di pensare ad una città. Come intenda l'attuale amministrazione ridar lustro e vigore a impianti storici e portare a termine opere incompiute non ci è dato sapere. Per ora ci si limita a dire che la colpa è degli altri, di quelli che c'erano prima: litania che ascoltiamo da 8 mesi, ma di soluzioni, di proposte, di idee, ad oggi, neanche l'ombra. RR
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