<< A Cuneo per lavoro, nel totale caos ferroviario per rientrare nella Capitale, vengo deriso per la "gestione Raggi" >>

martedì 27 febbraio 2018
Riceviamo e pubblichiamo:






<< Sono a Cuneo per lavoro mentre Roma sprofonda sotto dieci centimetri di neve. Un collega dell'Azienda Santa Croce e Carle mi informa sorridendo che degli spazzaneve sono partiti proprio da lì per salvare la Città Eterna e i suoi abitanti.

Altri colleghi mi chiedono foto e commentano la situazione sarcasticamente. Altri ancora mi avvertono che ci saranno problemi per tornare: la situazione treni sembra peggiorare di minuto in minuto. Cerco di non badare agli sguardi che mal celano scherno e compatimento e proseguo nel mio lavoro.

Ricevo continuamente messaggi che in poco tempo rivelano la drammaticità della situazione: alberi caduti, mezzi pubblici in panne e via discorrendo. Non dico nulla per non aggravare ulteriormente il giudizio dei "popoli del nord" su quella che dovrebbe essere la capitale d'Italia e che ai loro occhi e a quelli di tutto il mondo appare una città da quarto mondo.

Nel primo pomeriggio prendo il treno regionale per Torino e scendo a Porta Nuova. Da qui ha inizio la mia odissea e quella di centinaia di persone che devono tornare a Roma. Il tabellone di partenze e arrivi mostra cancellazioni e ritardi anche di 300 minuti.

A Termini sembra sia scoppiato l'inferno. Dalle centinaia di bocche protese verso l'alto in cerca di una speranza che non si realizzerà mai si levano grida e insulti nei confronti di una città che mostra tutte le sue ferite. Fa un freddo cane a Torino, siamo sotto zero e nessuno di coloro che devono andare a Bologna, Firenze, Roma, Napoli ha più la certezza di poter partire o tornare. Alcuni cominciano a prendere d'assalto l'assistenza Trenitalia per rimborsi e cambi di biglietti.

Si forma una fila chilometrica. Chi sta dentro l'ufficio è al caldo. Chi, come me, è in coda fuori, muore di freddo. C'è solo uno sportello aperto, si procede lentissimamente, in media una persona ogni cinque, sei minuti. Cerco di muovere le dita dei piedi, saltellare, ma non serve a nulla. Sto congelando.

Una ragazza dietro di me piange. Ha un colloquio di lavoro e lo sta perdendo per colpa di dieci centimetri di neve. Tento di consolarla in qualche modo, ma è un tentativo che finisce nel nulla. È la sua possibilità di un futuro che va in frantumi. Qualcuno le porta un tè caldo. Lei lo sorseggia e continua a piangere. 

I commenti delle persone intorno sono pesanti, alcuni, sentendo che sono romano, mi chiedono della Raggi e quasi arrivano ad insultarmi quando qualcuno scopre che sta in Messico, come se io fossi lei, un cialtrone incompetente, coram populi. Cerco di spiegare che la colpa è di Trenitalia, ma a nulla valgono i miei sforzi.

Se un asteroide colpisse il Colosseo tutti la additerebbero come responsabile. Purtroppo questo è il frutto di una politica del nulla che le si ribalta addosso ad ogni evento avverso e dell'esasperazione dei romani che devono fare i conti ogni giorno con una realtà sempre più negata o stravolta da parte dell'attuale amministrazione capitolina.

Cerco di difendermi, faccio capire che non sono complice, ma vittima. Spiego la situazione, provo a trasmettere la mia frustrazione e soprattutto la mia vergogna. Perché di Roma ormai ci si può solo vergognare.  Intanto, in qualche modo, la fila procede. Improvvisamente mi ritrovo al caldo, dopo due ore all'adiaccio.

Dopo un altra interminabile ora, arriva il mio turno. Il tizio dietro il vetro mi dice che il treno delle 19,10 partirà. Guardo l'orologio. Sono le 20. Partirà quando? Chiedo ingenuamente. Lui alza le spalle e ammutolisce. Esco sconfortato dalla fila. Ho fame, non ho pranzato e sono disperato. Un'occhiata al tabellone delle partenze e la decisione è presa. Prenoto un albergo vicino alla stazione e rimango a Torino. Proverò domani. Saluto la ragazza che singhiozza sconsolata, i miei compagni di insulti e disperazione e mi avvio all'albergo. Salgo in camera senza più energie, lancio la borsa per terra e mi butto sul letto vestito. Dopo qualche minuto apro facebook e vedo lei, la sindaca, sorridente, che dal Messico ci dice che le grandi capitali sono in prima linea per vincere le sfide di domani. Evidentemente ancora non sa che la sua sfida è persa da tempo. Non so se ridere o piangere, nel dubbio vado a mangiarmi un pezzo di pizza. Qui si che "tutto è bello, bellissimo"... >>

Lettera Firmata

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