ROMA E' RIDOTTA IN QUESTE CONDIZIONI NON SOLO PER COLPA DELLA POLITICA E DEI ROMANI MA ANCHE PER CERTA STAMPA. UN ESEMPIO CALZANTE A SOSTEGNO DELLA NOSTRA TESI.

sabato 8 aprile 2017

Lo schifo del reparto maternità del San Camillo Forlanini
Lo schifo del reparto maternità del San Camillo Forlanini
 Lo schifo del reparto maternità del Grassi di Ostia
Lo schifo del reparto maternità del Grassi di Ostia


Abbiamo chiesto a Neonatologi e Pediatri, romani e no: quello che avviene nei reparti maternità della città è un fenomeno tipicamente romano che definire vergognoso è poco. Oggi torniamo a parlare di questa enorme manifestazione d'inciviltà pura non solo per continuare a denunciarla ma per usarla come elemento utile a far passare un concetto semplice: se Roma è ridotta in queste condizioni non è solo colpa della Politica, di alcuni romani ma anche di certa stampa cittadina e delle redazioni locali di celebrati giornali nazionali. Mentre i blog, non solo il nostro ovviamente, trovano incredibile che reparti di maternità come il Grassi di Ostia e il San Camillo Forlanini siano vergognosamente riempiti di scritte di padri, nonne, nonni, cugine, cugini novelli Writers, la stampa locale non solo giustifica il fenomeno ma lo esalta trovandoci financo una matrice poetica. Fortunatamente tutto è reperibile sul web.  E facendo una rapida ricerca ecco venir fuori articoli inneggianti il pessimo malcostume, ripetiamo, esclusivamente  e tipicamente romano. Partiamo da Il Messaggero. Articolo a firma di tale Beatrice Picchi. "L’attesa è un tempo sacro e creativo. Sta per nascere tuo figlio, le pareti degli ospedali diventano murales di emozioni, pagine di un diario che diventa di tutti. “Karola, sbrigate”, “Willi ti stiamo aspettando dalle 19, dajebello di papà”, “Deborah sarai bellissima”, “Megane, sei tutti noi”. " L'articolo inizia incredibilmente così ed è preludio di un'apoteosi di cazzate che generano un pensiero distorto, che giustificano una cosa vergognosa e che diventano tasselli di un puzzle che, minimizzando, trovando poesia nel degrado,  hanno contribuito a ridurre la città in queste condizioni. Leggete cosa scrive la Picchi e cosa gli ha fatto pubblicare Il Messaggero: "I bambini appena nati appaiono nei graffiti di genitori, parenti e amici sui muri del reparto maternità dell’ospedale San Camillo, di Roma. Le scritte che testimoniano la felicità per il nuovo arrivato e il desiderio di farlo sapere a tutti, sono compagne inseparabili dei reparti di ostetricia delle città: sui muri, sulle porte degli ascensori, sui sedili della sale d’aspetto. Una versione pop dei geroglifici, immagini stampate a colori, flash di batticuore. L’importante è esserci e fissare per sempre un momento così bello." E continua:" Le scritte raccontano di un Paese multietnico, di un nuovo alfabeto ricco di ipsilon, kappa, parole corte, cortissime senza vocali. Al secondo piano del dipartimento di ostetricia e ginecologia graffiti frettolosi e meravigliosi, perché ora hai fretta di vederlo il tuo bambino, di tenerlo tra le braccia il nipote che avrà gli occhi di tua figlia."
La nuova stagione della vita, sintetizziamo il pezzo de Il Messaggero, inizia con "un atto d'amore" (ovvero il graffito) e "si schiude con un bimbo che nasce". "Scritte nere, gialle, rosse che rimangono sui muri e fanno tenerezza: sali le scale e sui gradini cuori e stelline con il pennarello blu raccontano di una felicità assoluta colta nell’attimo in cui è stata vissuta: avere un figlio." Conato e disgusto per quanto letto e a voi riportato. Ma passiamo al Corriere della Sera. Qui non c'è un articolo vero e proprio ma una gallery che s'intitola "Rocco c'è!" Ventuno immagini accompagnate da una didascalia che, sullo stesso stile de Il Messaggero giustifica ed esalta il fenomeno. Ecco il testo: «Rocco c’è», ma anche Massimo, Eva, Riccardo, Sara. E pure Indira, Jin Liang Xiang e Khadim. Sono i neonati del San Camillo di Roma che, appena venuti al mondo, o in procinto di, hanno già un esercito di parenti e amici pronti a tracciare un segno indelebile (o quasi) sulle pareti per celebrare la loro nascita. Come mostriamo in questa fotogallery, i muri del reparto di Ostetricia dell’ospedale sono pieni di scritte e graffiti dedicati ai bebè. Un giorno, diventato adulto, Rocco forse si troverà nella stessa situazione di suo padre e ripeterà il gesto «per testimoniare agli altri — e soprattutto a se stesso — la felicità», scrive FRANCESCO PICCOLO in un articolo dedicato al fenomeno. 
Potremmo continuare all'infinito riportandovi  articoli di altri quotidiani di ugual tenore ma crediamo di avere già raggiunto l'obiettivo. Ripetiamo: se Roma è ridotta in queste condizioni non è solo per colpa della Politica, non è solo colpa dei romani ma è anche colpa di questi giornali che per anni non hanno voluto o saputo svolgere la loro funzione critica, che hanno abbracciato i potenti di turno facendo bypassare come normali atteggiamenti, situazioni, avvenimenti che normali non erano e non sono. Lo hanno fatto e lo continuano a fare. Ci e vi hanno riempito la testa di cagate, contribuendo a plasmare quello che noi oggi, in maniera dispregiativa, chiamiamo il "romanaro". Perché se scrivere un graffito in un ospedale è "un atto d'amore", il parcheggiare in doppia fila per prendere un rapido caffè diventa una cosa socialmente tollerabile, come lo è gettare una carta in terra o magari un materasso in strada, senza chiamare l'Ama o recarsi nell'apposita Isola Ecologica. Qui siamo alla follia. Davvero siamo alla follia pura. RR

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