"C'è un modo per chiuderla con i problemi di Roma: pensarla una città del III mondo. Forse sbagliamo a pretendere efficienza, decoro, legalità, sbagliamo a ritenerla una capitale europea.
Già, cos'ha di europeo Roma?
Per rispondere a questa domanda, basta andare a Milano. Stop. Poi cambiate la domanda e mettete una negazione: cosa non ha di europeo Roma? Ora rispondete. Ancora non riesco a pensarla così. Mi ripugna. Resisto. Faccio male, lo so. Mi risparmierei tanto dolore, rabbia, frustrazione. Non avrei più quell'odioso senso di impotenza che mi fa essere cattivo, che mi spinge a criticare tutto e tutti, che mi fa vergognare della mia città.
Vivrei molto meglio cessando la mia guerra probabilmente, quasi certamente inutile. Ma non ce la faccio, non ancora. Sono a terra, animale da preda ucciso dai cacciatori, perdo sangue, rantolo, ma le mie zampe si muovono ancora, ritmicamente, freneticamente.
Non vogliono cedere, pensano ancora di accompagnare la mia fuga dalle canne di fucile, illudendosi di poterlo ancora fare. Si, sono un illuso, è vero. Mi concedo ancora un'illusione, quella speranza che forse un giorno il tanto atteso miracolo accadrà. Sarebbe facile mollare tutto, mandare tutti a quel paese, pensare ad altro, indirizzare le energie verso altri orizzonti più possibili, più gratificanti. Ma non ci riesco proprio.
Pensare a Roma come a una città di un paese sottosviluppato, non chiederle dunque nulla, non aspettarsi nulla, non pretendere nulla, non sognare nulla, accettare il nulla o quel poco che è in grado di dare, no, non è la mia soluzione. Non ancora. Inseguo un sogno, sapendo che sono niente e nessuno, ma voglio farlo ugualmente, perché la vita mi ha insegnato a non mollare. Mai. Un giorno, forse mi fermerò, ma questo giorno non è ancora arrivato e comincio a pensare che mai arriverà. Roma non merita che l'abbandoni, come hanno fatto i suoi figli, oggi, ieri, l'altro ieri e come faranno domani e poi dopodomani. La sua storia, la sua bellezza, il suo calore, la sua unicità non lo meritano.
Abbandonarla per non soffrire, no, non ne sono capace e non voglio. A volte la maledico, perché è così. Bella, infinitamente bella, troppo bella. Se non lo fosse tutto sarebbe più facile e lasciarla al suo destino non sarebbe così doloroso. Roma ti guarda, e il suo sguardo uccide. È ancora fiero, nonostante sia quello di un moribondo, la sua luce non è ancora spenta. Maledetta città.... Se fossi un'altra, una qualsiasi, ti darei un calcio nel di dietro e maledicendoti me ne andrei senza voltarmi indietro, felice di averti eliminato dalla mia vita.
E i miei giorni scorrerebbero sereni, ridendo di te e di chi pateticamente cerca di addomesticarti e non sa che puoi ancora mordere. Ma tu sei Roma, sei il quadro più bello, la scultura più bella, di questo museo che è il nostro mondo. E io sono nato qui, tra le tue braccia possenti e sono pieno di te, del tuo splendore, del tuo dolore. Maledetta, stramaledetta.
Guardami. Sono qui, che scrivo di te e mi viene da piangere perché non riesco a mollarti, perché sono stanco del tuo abbraccio mortale. Perché non posso vederti morire. E questa, lo so, è la mia condanna...." Luca
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