La Fontana delle Rane |
Cominciamo con un tema di
grande attualità e importanza: l’acqua.
Oggi, con i cambiamenti climatici, la
siccità, l’aumento delle temperature, la crescita della popolazione mondiale
con conseguente lievitazione dei consumi, l’approvvigionamento d’acqua
rappresenta un problema che dobbiamo affrontare e in qualche modo risolvere, perché l’acqua è un bene irrinunciabile per la nostra sopravvivenza.
Come noto a tutti, in questi
giorni di grande caldo e scarsità di precipitazioni, siamo in emergenza idrica,
tanto che, ad esempio, si è cominciato a chiudere i famosi “nasoni” per
limitare gli sprechi e lo stesso Papa Francesco ha ordinato la chiusura di
cento fontane all’interno della Città del Vaticano.
In passato, però, la situazione
non è mai stata così; difatti, una delle peculiarità per cui andò famosa Roma
antica fu l’abbondanza di acque tanto che per questo ebbe l’epiteto di “Regina
Aquarum”. Il merito di tutto ciò (se si può parlare di merito) sta in due
fattori principali: 1) le caratteristiche idrogeologiche del territorio
collinare e montuoso attorno ala città 2) la straordinaria abilità che i romani
avevano acquisito in fatto di ingegneria idraulica, abilità sviluppata grazie agli
insegnamenti ricevuti dagli Etruschi, loro grandi maestri.
Muniti di strumenti
elementari, ma dotati di picconi ben temperati e di un eccezionale senso
dell’orientamento, gli ingegneri romani eccelsero nel condurre a Roma le acque
anche da località piuttosto remote, attraversando montagne e scavando valli con
percorsi talvolta tortuosi e serpeggianti per mantenersi ad un livello idoneo
alla distribuzione in una città ad altimetria complessa.
Ci trasmisero così ponti e
viadotti di incomparabile bellezza e funzionalità architettonica e le imponenti
arcuazioni superstiti a est della città rimangono ancora oggi le grandiose
testimonianze dell’efficienza della Roma antica.
In totale i romani ebbero
undici acquedotti principali ai quali andrebbero aggiunti altri, anche di
considerevole lunghezza, che sono tuttavia diramazioni dei principali. Otto
acquedotti convergevano in un unica località detta “Spes Vetus”, nei pressi di
Porta Maggiore, e da qui si irradiavano verso i rispettivi castelli di
distribuzione seguendo percorsi in gran
parte sotterranei. Dei rimanenti tre, uno, il Vergine, arrivava al Pincio e
due, le acque Alsietina (o Augusta) e la Traiana, arrivavano al Gianicolo. Con
questa efficientissima rete di distribuzione dell’acqua si calcola che gli abitanti di Roma
avessero ciascuno a disposizione circa mille litri di acqua al giorno….
Ma non furono solo gli antichi
romani a occuparsi in maniera mirabile dell’approvvigionamento di acqua per la
città.
In epoca rinascimentale, anche i
pontefici si adoperarono per dotare Roma di acquedotti, in molti casi
riutilizzando le sorgenti già sfruttate nell'antichità e avvalendosi anche delle antiche strutture.
Quattro sono gli acquedotti costruiti dai papi: Vergine (quest’acqua viene
anche detta di “Trevi” dal nome della fontana che ne celebrò il ritorno al
centro di Roma), Felice (attualmente alimenta le fontane al centro di Roma),
Paolo (voluto da Paolo V Borghese e
destinato a rifornire i quartieri alla destra del Tevere; la sua mostra
celebrativa è il fontanone del Gianicolo), Pio Antico Marcio (voluto da Pio IX,
è entrato poi in funzione dieci giorni prima della presa di porta Pia).
Con una tale abbondanza di
acqua, non potevano mancare le fontane.
Nessuna città al mondo
dispone del gran numero di fontane di cui gode Roma.
Costruire fontane sembra sia
stato uno specifico impegno di alcuni pontefici.
Oltre al alle mostre
monumentali dedicate all'esaltazione dell’opera compiuta con la creazione
dell’acquedotto (come quella di Trevi per l’acqua Vergine o quella del Mosè in
piazza San Bernardo, mostra dell’acquedotto Felice), si ebbero fontane
ornamentali con una precisa funzione urbanistica al centro delle piazze e altre con scopi più utilitaristici agli
angoli delle strade, mentre anche quelle private, nei ninfei dei cortili, concorsero
ad abbellire la città.
Infatti, l’uso costante di Roma fu di mantenere aperti
nelle ore diurne (e ben spalancati) i portoni, sicché cortili e giardini
costituivano una sorta di prolungamento dello spazio pubblico.
Sono una quarantina le
fontane più importanti dei secoli dal cinquecento al settecento che si trovano
negli spazi pubblici. Di esse una dozzina risalgono a Giacomo della Porta; le
più fantasiose appartengono al Bernini (la Barcaccia a Pietro, il padre, in
Piazza di Spagna e quelle di piazza Navona e di piazza Barberini al figlio Gian
Lorenzo).
L’ottocento non fu prodigo di
fontane con Roma, mentre lo fu il primo trentennio del novecento e in questo
contesto si inserisce la fontana delle Rane, al centro di Piazza Mincio, nel suggestivo
quartiere Coppedè, costruito dall'architetto Gino Coppedè negli anni ’20.
Fontana delle rane. Sullo sfondo l'arco tra i Palazzi degli Ambasciatori e il lampadario in ferro battuto |
La fontana
delle Rane si trova a Roma, al centro di piazza Mincio, nel
cosiddetto quartiere Coppedè.
Su un
progetto risalente al 1915, l'architetto Gino Coppedè realizzò,
tra il 1921 e
il 1927,
anno della sua morte, un'area “residenziale” (che lo stesso Coppedè definì
impropriamente “quartiere” e che poi prese appunto il suo nome) all'interno
del quartiere Trieste, che allora si chiamava
“quartiere Savoia”. Si trattava di un gruppo di diciotto palazzi e ventisette
palazzine costruite con un uno stile unico che mischia elementi architettonici neoclassici, medievali, rinascimentali, barocchi e Art Nuveau. Il nucleo di questo quartiere è proprio piazza Mincio.
Per la sua
particolare architettura il Quartiere Coppedè fu scelto da diversi registi (ad esempio Dario Argento ha girato qui alcune scene dei suoi film "Inferno" e "l'uccello dalle piume di cristallo").
Una curiosità: In una delle
villette del quartiere aveva la sua casa romana il tenore Beniamino Gigli.
Al centro
della piazza non poteva mancare una fontana ornamentale, di fattura molto
elaborata, che lo stesso architetto disegnò e realizzò, nel 1924, in stile
perfettamente barocco: la fontana delle rane.
La fontana ha una struttura quadrilobata; su ogni lobo una vasca dalla forma di conchiglia molto decorata è sostenuta sulle spalle da due figure umane poste l'una di schiena all'altra, dalle cui bocche esce l'acqua contenuta nella conchiglia, che viene a sua volta riempita dal doppio getto emesso dalla bocca di una grossa rana.
Particolare di una rana |
Particolare del volto di una delle figure |
Particolare di una conchiglia |
Figura intera che sorregge una conchiglia |
Il catino superiore, fanno da sfondo due palazzi caratteristici del quartiere Coppedè |
Muschi e incrostazioni di varia natura deturpano la fontana |
L'intera
composizione ricorda molto la Fontana delle Tartarughe così come anche le conchiglie e la presenza di una grossa ape sul bordo della vasca sono unanimemente riconosciute come un omaggio alle fontane
del Bernini.
Particolare dell'ape che ricorda la Fontana delle Api di Gian Lorenzo Bernini a piazza Barberini |
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