LA CHIESA DEI SANTI QUATTRO CORONATI
Con grande emozione e con parole che vorrebbero essere sussurrate,
inseriamo questo gioiello poco noto nella nostra rubrica di "Roma
insolita".
Seguendo un'indicazione che si è rivelata preziosissima, abbiamo deciso di
raggiungere ed esplorare questo luogo di infinita bellezza che racchiude in sé l'arte di secoli che vanno dal IV fino al XX e che rappresenta senza dubbio uno
dei più grandi tesori che Roma possa vantare.
Al di fuori dei percorsi turistici, seminascosta, quasi protetta dai
palazzi di via dei Santi Quattro, silenziosa e austera, sorge questa Chiesa che
a metà del XII secolo assunse una struttura di fortilizio, probabilmente a
difesa del vicino Patriarchio del Laterano, e in questa particolare forma si
presenta a chi percorre la via omonima provenendo da piazza San Giovanni.
E già prima di varcare la porta che immette nel cortile antecedente la
chiesa vera e propria, si torna indietro nel tempo e si viene avvolti da una
tale commozione e da un tale stupore da lasciare un segno indelebile e
duraturo nel cuore del visitatore.
La Chiesa, come detto, è una singolare vestigia del medioevo tramandatasi
sostanzialmente intatta fino a noi, ricca di testimonianze artistiche di varie
epoche e custode di un'atmosfera finissima e spirituale.
Sorge sul colle Celio
in corrispondenza di uno slargo che si apre lungo la via dei SS. Quattro ed è
dedicata a martiri ancora non identificati (forse marmorari della Pannonia
martirizzati al tempo di Diocleziano perché non vollero
scolpire la statua di Esculapio o forse pretoriani romani che si rifiutarono di
adorarla).
L'aggettivo "coronati" è evidentemente riferito alla
corona del martirio.
Su questa prominenza del Celio, detta Celiolo, vi era già nel IV
secolo una chiesa che fu ampliata in varie fasi costruttive fino al periodo carolingio,
presumibilmente all'epoca del pontefice Leone IV (847-855).
E' a questa epoca che risale il campanile-torre, il più antico esistente a
Roma, sotto il quale si passa per entrare nel complesso conventuale.
La chiesa era allora più ampia e la sua riduzione alle dimensioni attuali
avvenne in occasione del rifacimento operato da Pasquale II, nel 112-16, dopo l’incendio
e la rovina da parte dei Normanni di Roberto il Guiscardo in tutta la zona tra
S. Giovanni e il Colosseo, nel 1084.
Generalmente le chiese romane sono inondate di luce, sia che si tratti di
chiese paleocristiane, sia di chiese rinascimentali e barocche. Forse, questa
dei SS. Quattro, con le finestre molto in alto, è quella più oscura: ciò aggiunge
un tocco alla sua atmosfera raccolta e mistica.
L'interno della chiesa: la luce soffusa contribuisce a creare un ambiente mistco |
La chiesa subì vari successivi interventi. I maggiori segni vennero
lasciati dal card. Enrico di Portogallo, poi re di quel paese, che fece
costruire il soffitto a cassettoni nel 1557.
Il soffitto a cassettoni del '500 sopra la navata centrale |
Importanti restauri vennero poi eseguiti nel 1922 da Antonio Munoz che
ripristinò il complesso ridotto in stato di fatiscenza.
Nel 1560 il convento passò alle suore agostiniane che vi trasferirono l’ospizio
l’ospizio per ragazze orfane che avevano fino allora tenuto nell’Isola
Tiberina. Scomparso l’ospizio, le suore continuoano tutt’oggi la loro presenza.
IL CHIOSTRO
A fianco della chiesa e parzialmente ricavato sulla navata sinistra della
costruzione paleocristiana, i marmorari romani costruirono nel XIII secolo uno
dei loro chiostri più suggestivi.
Si accede a questa meraviglia previo pagamento dell’”esorbitante” cifra di
2 euro a persona.
La cosa ci fa sorridere e ci amareggia: in altri paesi abbiamo pagato ben
altre cifre per vedere cose che valgono molto, molto meno.
Cerchiamo di cancellare i brutti pensieri, paghiamo ed entriamo.
Al centro del chiostro, non molto grande, si trova uno splendido càntaro (grande vaso) del XII secolo composto da due bacili sovrapposti.
Sui quattro lati il porticato si apre con piccoli archetti a tutto sesto
sorretti da colonnine binate.
Il chiostro. Al centro, il meraviglioso càntaro del XII secolo |
LA CAPPELLA DI S. BARBARA
Dal chiostro si accede alla cappella di S. Barbara, la quale era innestata
sulla navata sinistra della chiesa primitiva. E’ a pianta quadrata con tre
absidi. Mensole angolari di marmo finemente lavorato dagli stessi marmorari
romani sostengono le volte con meravigliosi resti di pitture del IX secolo.
La cappella di S. Barbara con gli affreschi del IX secolo |
Particolare di un affresco della cappella |
LA CAPPELLA DI S. SILVESTRO
Uscendo dalla chiesa, sulla sinistra, dove è l’ingresso del convento delle
suore agostiniane vi è la cappella di San Silvestro.
Anche in questo caso il luogo è visitabile dietro pagamento di 1 euro a
persona.
Lasciamo il nostro obolo alla suora di turno e sotto il suo sguardo
sorridente e benevolo varchiamo la soglia della cappella.
Immediatamente, veniamo colpiti dal tripudio dei colori delle pitture sulle
pareti e rimaniamo a bocca aperta, con il fiato sospeso, tanto la sorpresa è
grande.
Si tratta di un sacello fatto realizzare dal cardinale di S. Maria in
Trastevere, nel 1246, alla base di un torrione del complesso fortificato da
egli stesso costruito in quegli anni.
La cappella, quadrata, ha una volta a botte finemente decorata di stelle
policrome.
La Cappella di S. Silvestro vista dall'ingresso |
La volta della cappella con stelle policrome |
Un incredibile ciclo di affreschi coevi alla costruzione della cappella
narra sui muri le storie di Costantino (imperatore romano dal 306 al 337) e San
Silvestro papa con arcaica efficacia.
La storia trasmette un documento ritenuto per secoli originale e che poi il
filologo italiano Lorenzo Valla ha dimostrato essere un falso: la donazione di Costantino.
Il suddetto documento, recante la data del 30 marzo 315, afferma di
riprodurre un editto emesso dall’imperatore romano Costantino con il quale egli
avrebbe concesso al papa Silvestro I e ai suoi successori il primato su cinque
patriarcati (Roma, Costantinopoli, Alessandria d’Egitto, Antiochia e
Gerusalemme) e avrebbe attribuito ai pontefici le insegne imperiali e la
sovranità temporale su Roma, l’Italia e
l’intero Impero Romano d’Occidente. Inoltre in alcuni racconti si narra come
questa donazione sia la ricompensa al papa per aver guarito Costantino dalla
lebbra grazie a un miracolo, a cui sarebbe seguita di lì a poco la sua
conversione.
La storia è divisa in riquadri, con uno schema tipico medievale, e ha il
suo inizio con quelli realizzati sopra la porta.
In totale vennero realizzate undici scene che, partendo da quelle sopra l’entrata, proseguono a destra e si concludono sulla parete di sinistra.
In totale vennero realizzate undici scene che, partendo da quelle sopra l’entrata, proseguono a destra e si concludono sulla parete di sinistra.
Gli affreschi sopra l'ingresso; in alto il Giudizio Universale |
Costantino colpito dalla lebbra. Pietro e Paolo gli appaiono in sogno e lo esortano ad affidarsi a papa Silvestro |
I messi di Costantino salgono sul monte Soratte |
Costantino, curato dalla lebbra, consegna la tiara a Silvestro seduto in trono |
Il battesimo di Costantino |
Non so dire quanto siamo rimasti all’interno della cappella di San
Silvestro.
So per certo, però, che una volta usciti siamo rimasti in silenzio e ci
siamo allontanati lentamente per dare il tempo alle emozioni di sedimentare.
Roma ci ha regalato ancora una volta qualcosa di unico e, volgendo lo
sguardo indietro un’ultima volta, prima di andare via, abbiamo sussurrato un grazie per un dono che mai avremmo
pensato di ricevere.
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