Liberiamo il cielo di Roma

mercoledì 23 settembre 2009


Quando si parla di arredo urbano a Roma c'è da mettersi a piangere. La situazione è talmente disastrosa che non si sa neanche dove mettere le mani. Cominciamo a parlarne anche su questo blog, in una rubrica che chiameremo "La città ideale" e che raccoglierà le nostre proposte (economiche, fattibili, migliorative). Per cominciare proponiamo qualcosa di semplice: eliminare la antiestetiche lampade appese ai fili e sostituirle con lampioncini in ferro battuto affissi ai muri degli edifici, come quelli che si trovano nei vicoli di Roma. Se i marciapiedi sono particolarmente ampi, si può prevedere anche l'utilizzo di lampioni a fusto, quelli molto in voga a Parigi o Londra, per intenderci. In questo modo si otterrebbe un duplice effetto utile. Innanzitutto un notevole miglioramento estetico delle strade (pensiamo a Via del Corso, Via Nazionale, Via Veneto, Corso Vittorio, solo per fare qualche esempio), che sarebbero finalmente sgombre dalle antiestetiche "ragnatele" di fili. Quindi una illuminazione maggiormente concentrata sui marciapiedi (sempre troppo bui) piuttosto che sulle strade (già illuminate dai fari delle auto). Le strade di Roma sono ancora concepite con i criteri degli anni '60, quando il boom economico metteva l'automobile al centro e relegava il pedone in un angolo: carreggiate sovradimensionate e illuminate, marciapiedi stretti, impraticabili e perennemente bui. Oggi siamo nel 2009 e le città vanno concepite a misura di pedone (romano o turista che sia). Beccatevi questo breve video dimostrativo.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...quando il boom economico metteva l'automobile al centro e relegava il pedone in un angolo...

Non è cambiato niente, anzi, grazie al Sindaco Retromanno apertura più generosa delle ZTL, abolizione dei cordoli su molte preferenziali e completo abbandono della mobilità sostenibile.
Un nuovo e terribile MEDIOEVO

Riprendiamoci Roma ha detto...

Già. Nel ventunesimo secolo le città non vanno pensate per essere attraversate, ma per essere vissute.

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