La Roma Insolita: la Fontana delle Rane.

venerdì 4 agosto 2017
La Fontana delle Rane

                                         

Cominciamo con un tema di grande attualità e importanza: l’acqua. 
Oggi, con i cambiamenti climatici, la siccità, l’aumento delle temperature, la crescita della popolazione mondiale con conseguente lievitazione dei consumi, l’approvvigionamento d’acqua rappresenta un problema che dobbiamo affrontare e in qualche modo risolvere, perché l’acqua è un bene irrinunciabile per la nostra sopravvivenza.
Come noto a tutti, in questi giorni di grande caldo e scarsità di precipitazioni, siamo in emergenza idrica, tanto che, ad esempio, si è cominciato a chiudere i famosi “nasoni” per limitare gli sprechi e lo stesso Papa Francesco ha ordinato la chiusura di cento fontane all’interno della Città del Vaticano.
In passato, però, la situazione non è mai stata così; difatti, una delle peculiarità per cui andò famosa Roma antica fu l’abbondanza di acque tanto che per questo ebbe l’epiteto di “Regina Aquarum”. Il merito di tutto ciò (se si può parlare di merito) sta in due fattori principali: 1) le caratteristiche idrogeologiche del territorio collinare e montuoso attorno ala città 2) la straordinaria abilità che i romani avevano acquisito in fatto di ingegneria idraulica, abilità sviluppata grazie agli insegnamenti ricevuti dagli Etruschi, loro grandi maestri.
Muniti di strumenti elementari, ma dotati di picconi ben temperati e di un eccezionale senso dell’orientamento, gli ingegneri romani eccelsero nel condurre a Roma le acque anche da località piuttosto remote, attraversando montagne e scavando valli con percorsi talvolta tortuosi e serpeggianti per mantenersi ad un livello idoneo alla distribuzione in una città ad altimetria complessa.
Ci trasmisero così ponti e viadotti di incomparabile bellezza e funzionalità architettonica e le imponenti arcuazioni superstiti a est della città rimangono ancora oggi le grandiose testimonianze dell’efficienza della Roma antica.
In totale i romani ebbero undici acquedotti principali ai quali andrebbero aggiunti altri, anche di considerevole lunghezza, che sono tuttavia diramazioni dei principali. Otto acquedotti convergevano in un unica località detta “Spes Vetus”, nei pressi di Porta Maggiore, e da qui si irradiavano verso i rispettivi castelli di distribuzione  seguendo percorsi in gran parte sotterranei. Dei rimanenti tre, uno, il Vergine, arrivava al Pincio e due, le acque Alsietina (o Augusta) e la Traiana, arrivavano al Gianicolo. Con questa efficientissima rete di distribuzione dell’acqua si calcola che gli abitanti di Roma avessero ciascuno a disposizione circa mille litri di acqua al giorno….
Ma non furono solo gli antichi romani a occuparsi in maniera mirabile dell’approvvigionamento di acqua per la città.  
In epoca rinascimentale, anche i pontefici si adoperarono per dotare Roma di acquedotti, in molti casi riutilizzando le sorgenti già sfruttate nell'antichità  e avvalendosi anche delle antiche strutture. 
Quattro sono gli acquedotti costruiti dai papi: Vergine (quest’acqua viene anche detta di “Trevi” dal nome della fontana che ne celebrò il ritorno al centro di Roma), Felice (attualmente alimenta le fontane al centro di Roma), Paolo  (voluto da Paolo V Borghese e destinato a rifornire i quartieri alla destra del Tevere; la sua mostra celebrativa è il fontanone del Gianicolo), Pio Antico Marcio (voluto da Pio IX, è entrato poi in funzione dieci giorni prima della presa di porta Pia).
Con una tale abbondanza di acqua, non potevano mancare le fontane.
Nessuna città al mondo dispone del gran numero di fontane di cui gode Roma.
Costruire fontane sembra sia stato uno specifico impegno di alcuni pontefici. 
Oltre al alle mostre monumentali dedicate all'esaltazione dell’opera compiuta con la creazione dell’acquedotto (come quella di Trevi per l’acqua Vergine o quella del Mosè in piazza San Bernardo, mostra dell’acquedotto Felice), si ebbero fontane ornamentali con una precisa funzione urbanistica al centro delle piazze  e altre con scopi più utilitaristici agli angoli delle strade, mentre anche quelle private, nei ninfei dei cortili, concorsero ad abbellire la città. 
Infatti, l’uso costante di Roma fu di mantenere aperti nelle ore diurne (e ben spalancati) i portoni, sicché cortili e giardini costituivano una sorta di prolungamento dello spazio pubblico.
Sono una quarantina le fontane più importanti dei secoli dal cinquecento al settecento che si trovano negli spazi pubblici. Di esse una dozzina risalgono a Giacomo della Porta; le più fantasiose appartengono al Bernini (la Barcaccia a Pietro, il padre, in Piazza di Spagna e quelle di piazza Navona e di piazza Barberini al figlio Gian Lorenzo).
L’ottocento non fu prodigo di fontane con Roma, mentre lo fu il primo trentennio del novecento e in questo contesto si inserisce la fontana delle Rane, al centro di Piazza Mincio, nel suggestivo quartiere Coppedè, costruito dall'architetto Gino Coppedè negli anni ’20.


Fontana delle rane. Sullo sfondo l'arco tra i Palazzi degli Ambasciatori e il lampadario in ferro battuto



La fontana delle Rane si trova a Roma, al centro di piazza Mincio, nel cosiddetto quartiere Coppedè.
Su un progetto risalente al 1915, l'architetto Gino Coppedè realizzò, tra il 1921 e il 1927, anno della sua morte, un'area “residenziale” (che lo stesso Coppedè definì impropriamente “quartiere” e che poi prese appunto il suo nome) all'interno del quartiere Trieste, che allora si chiamava “quartiere Savoia”. Si trattava di un gruppo di diciotto palazzi e ventisette palazzine costruite con un uno stile unico che mischia elementi architettonici neoclassici, medievali, rinascimentali, barocchi e Art Nuveau. Il nucleo di questo quartiere è proprio piazza Mincio.
Per la sua particolare architettura il Quartiere Coppedè fu scelto da diversi registi (ad esempio Dario Argento ha girato qui alcune scene dei suoi film "Inferno" e "l'uccello dalle piume di cristallo").
Una curiosità: In una delle villette del quartiere aveva la sua casa romana il tenore Beniamino Gigli.
Al centro della piazza non poteva mancare una fontana ornamentale, di fattura molto elaborata, che lo stesso architetto disegnò e realizzò, nel 1924, in stile perfettamente barocco: la fontana delle rane.

La fontana ha una struttura quadrilobata; su ogni lobo una vasca dalla forma di conchiglia molto decorata è sostenuta sulle spalle da due figure umane poste l'una di schiena all'altra, dalle cui bocche esce l'acqua contenuta nella conchiglia, che viene a sua volta riempita dal doppio getto emesso dalla bocca di una grossa rana.
Particolare di una rana
                                                                  
                                     


Particolare del volto di una delle figure



Particolare di una conchiglia


Figura intera che sorregge una conchiglia



Tra le basi delle due figure una seconda vasca, un po' più sporgente e meno elaborata di quella superiore. I gruppi circondano un balaustro corto e tozzo, che sostiene il catino sommitale, sul cui bordo sono accovacciate otto piccole rane, mentre sulla parte inferiore sono posizionati quattro mascheroni. Il catino è alimentato da uno zampillo centrale e dai getti che le otto rane indirizzano verso il centro.



Il catino superiore, fanno da sfondo due palazzi caratteristici del quartiere Coppedè
                                                                 


Muschi e incrostazioni di varia natura deturpano la fontana
                                               



L'intera composizione ricorda molto la Fontana delle Tartarughe così come anche le conchiglie e la presenza di una grossa ape sul bordo della vasca sono unanimemente riconosciute come un omaggio alle fontane del Bernini.
Particolare dell'ape che ricorda la Fontana delle Api di Gian Lorenzo Bernini a piazza Barberini
       






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